Behind the Mesh

La Mashrabiya: un ponte tra culture, forme e progetti

The Modern Mashrabiya | close up, pattern i-Mesh, 2024

Simbolo affascinante, citazione, rimando all’iconografia di culture arcaiche e millenarie, capolavoro ingegneristico, artefatto culturale che continua a ispirare gli immaginari e le progettualità architettoniche e artistiche contemporanee?

La mashrabiya è tutto questo e tanto altro. Tecnica e pensiero uniscono frammenti in forma di pattern, intrecciano le ricchezze della tradizione con le sfide della modernità, creano elementi funzionali e decorativi che riconscono un profondo senso di appartenenza e identità.

La parola deriva dall’arabo “mashrafa”, che significa luogo di ristoro o luogo dove si conserva l’acqua per raffreddarla, sfruttando la brezza che filtra da motivi a griglia. Con il tempo, il termine ha acquisito una connotazione più ampia, oltre lo specifico luogo e rimanda alla struttura stessa - un pannello di legno traforato che decorava finestre e balconi, proteggeva gli interni dalla luce solare e preservava la privacy senza interrompere il legame visivo con l’esterno.

Le prime tracce di questa tecnica risalgono al XII secolo, durante il periodo della dinastia Abbaside a Baghdad, e la sua diffusione ha interessato l’Egitto, l’Iraq e il Maghreb, fino a perdere gradualmente popolarità con la modernizzazione del mondo arabo nel XX secolo. Oggi tuttavia, sotto altra forma, e soprattutto come ispirazione e citazione, la mashrabiya gode di una nuova attenzione a partire dai materiali e dai virtuosismi del pattern – realizzati con sistemi complessi di disegno e scrittura. Un processo aumentato dalla cultura di materiali sostenibili e organici come le fibre tessili, che rigenerano quell’antica tradizione legata alla temperatura e al raffrescamento, alla gestione dell’umidità e della luce, e alla separazione ordinata ma permeabile che hanno permesso storicamente alla mashrabiya di essere allo stesso tempo una scelta funzionale e un dispositivo relazionale, legato alla riservatezza negli ambienti della vita pubblica e privata.

La speciale fluidità che la connota origina una forma speciale di architettura viva, capace di trasformare il vuoto in un vuoto fluido denso e ricco di significati, capace di ridefinire il modo di percepire e abitare lo spazio. Il "vuoto fluido" della mashrabiya non è mai statico o inerte, è un essenziale componente del progetto, è parte attiva della costruzione che si adatta, si modella e interagisce costantemente con l’ambiente circostante. Uno spazio intermedio permeabile che permette alla luce, all’aria e allo sguardo di attraversare le forme in ambienti resi dinamici dall’utilizzo e dalla relazione.

In definitiva la mashrabiya è un punto di congiunzione tra i mondi – tra il dentro e il fuori, il privato e il pubblico. Con la sua struttura fatta di trame e trafori è una protezione porosa che accoglie senza escludere, una soglia, un varco in cui spazio, luce e ombra si incontrano, si scompongono e si ricompongono. Anche per questo la funzione tecnica è sempre un invito alla conoscenza, alla contemplazione e al dialogo con l’esterno. È ciò che accade a quella estesa cultura progettuale della gelosia in legno o laterizio che nelle costruzioni del lavoro garantiva la conservazione del fieno nei fienili o la maturazione perfetta degli alimenti durante la stagionatura, con il controllo meticoloso e perfetto di temperatura, umidità e ventilazione. È ciò che accade nei monasteri dove la clausura è protetta da grate che citano e interpretano l’idea della separazione nell’unità. Così le funzioni concrete delle regole affidano a diaframmi simbolici la potenza della citazione, il senso del rito e dell’iconografia.

L’idea del vuoto fluido come tessuto connettivo e matrice, è anche metafora di flessibilità e adattabilità al cambiamento delle condizioni oggettive, del vivere contemporaneo, dei salti di prospettiva e delle coabitazioni visive e cognitive determinate dalla luce e dai virtuosismi che è in grado di innescare nella relazione tra natura cultura e progetto.

L’unione di funzione e senso che rimandano a sapienze tecniche, cultura, tradizione e stile di vita, fanno della mashrabiya una filosofia progettuale che, in forza della ventilazione passiva, permette un flusso d'aria costante e fresco all’interno dello spazio abitato, e dunque comfort termico e ambientale.

Le regole interne che caratterizzano la sua costruzione - aperture più ampie nella parte superiore e più strette in quella inferiore – gli intrecci geometrici o floreali, la griglia realizzata in differenti materiali sono il compendio che caratterizza una modalità di gestione del clima e del benessere all’insegna esclusiva della qualità e sostenibilità ambientale. Se la sua origine è mutuata dalla tradizione islamica, la mashrabiya è oggi una preziosa risorsa progettuale per l’architettura contemporanea influenzata dalla sfida di un cambiamento climatico incalzante e aggressivo che obbliga - sul fronte dell’etica e dell’estetica, del costruito e del vuoto - a fare tesoro di antiche tradizioni e nuove visionarie soluzioni.

Mashrabiya Architecture in Islamic Egypt History | Facts Islamic Period Art & Mashrabiya, crediti sconosciuti

I motivi geometrici della mashrabiya sono spesso basati su complessi principi matematici che rappresentano l'infinito, e riflettono l'unità e la coesione dell'universo. Nella tradizione islamica, questi schemi hanno una profonda valenza spirituale e simbolica che rimanda alla connessione tra il creatore e il creato. Un modo e una pratica per riconciliare gli opposti: luce e ombra, interno ed esterno, privato e pubblico.

Nonostante la sua origine sia nel mondo islamico, la mashrabiya ha influenzato culture e lingue, e nei tanti dialoghi si è arricchita di nuovi significati in tutto il mondo. In Spagna, durante il periodo moresco, si trovano esempi di strutture simili utilizzate con funzione di raffreddamento e protezione. Nella lingua spagnola la parola celosía sottolinea l’importanza della separazione come valore della riservatezza, accanto a quello della trasparenza e del dialogo con l'esterno. In Egitto e nel mondo arabo moderno, la mashrabiya è un patrimonio culturale riconosciuto, un simbolo di artigianato di alta qualità. In Italia, il concetto di gelosia si è sviluppato in architettura e nel mondo delle costruzioni in modo affine: grate e persiane traforate caratterizzano da secoli le facciate delle abitazioni specie nelle aree mediterranee, dove questi elementi proteggono dal sole, regolano il passaggio della luce e dell’aria, creano ventilazione armonica negli ambienti. Nella Turchia ottomana e nelle città della penisola arabica, ha assunto forme e utilizzato materiali diversi, rimanendo fedele ai principi funzionali e simbolici originari. In India con jali o jaali – una ennesima declinazione della rete - si intende quella tecnica di lavorazione della pietra perforata solitamente utilizzata come schermo e come decoro con motivi ornamentali costruito con l'uso di calligrafia, la geometria e i motivi naturali, essenziale per la gestione della luce e dell’aria. Anche qui ricorre la connessione col rito, la contemplazione e la preghiera. Sono infatti i primi santuari in India dedicati al Buddismo, al Gianismo e all’Induismo i luoghi di elezione per queste pratiche progettuali che, grazie a complesse configurazioni, pattern e modalità di intaglio e perforazione, dirigevano la luce sulle immagini sacre per favorire devozione e contemplazione. Il design dei jalis ha conosciuto alterne fortune, si è evoluto nel tempo, ha incorporato motivi geometrici e naturalistici e ha assorbito influenze e background dai diversi contesti culturali.

Abrahamic Family House by Adjaye Associates | close up, Abu Dhabi, United Arab Emirates, Religious Buildings and Memorials, Foto di Dror Baldinger
The Lantern by VTN Architects , Photo by Hiroyuki Oki
Cristiana Colli
AUTORE
Laurea in Scienze Politiche, giornalista, ricercatore sociale, cura l’ideazione e l’organizzazione di progetti culturali, eventi, mostre, festival, programmi di valorizzazione. Per istituzioni pubbliche e private, musei, imprese, fondazioni realizza e promuove strategie di comunicazione sociale e culturale legate al paesaggio, all’architettura, all’arte contemporanea e al design, alla fotografia, al made in Italy. È direttore della rivista Mappe, e dal 2011 è ideatore e curatore di Demanio Marittimo.Km-278.

La legacy della mashrabiya connette passato presente e futuro, e rappresenta un fronte di progetto oltre che una poetica artistica e culturale sfaccettata di grande modernità. L'architettura contemporanea animata da fronti di ricerca tecnologica e scientifica considera questa tecnica un fronte di progetto promettente e interrogante.  Da un lato il recupero delle matrici del costruire con criteri e materiali naturali mutuati dalla tradizione dei popoli e dei luoghi, dall’altro la fisica dei materiali vergini e rigenerati e la frontiera della progettazione parametrica, hanno nell’esperienza storica, etica ed estetica della mashrabiya un’origine densa di prospettive legate alla sostenibilità in tutto il mondo. Poiché tra quelle trame e quei pattern è passata la gestione del clima, il governo della luce, la qualità dell’aria e degli ambienti, lo stile della relazione.

Al tempo della globalizzazione, le ragioni funzionali ed estetiche della mashrabiya associate alle virtuose peculiarità ambientali dimostrate dalla permanenza secolare della sua applicazione, assumono un valore fondante. La continuità tra passato e futuro, potenziata dalla ricerca di università, imprese e reti professionali, rigenera motivazione e ispirazione, unisce patrimonio culturale, sostenibilità, dialogo e appartenenza agli immaginari che abitano le comunità, lo spazio e il discorso pubblico.

Mosque of Mohamed Abulkhaliq Gargash by Dabbagh Architects, Foto di Garry O'Leary
Cristiana Colli
AUTHOR
Laurea in Scienze Politiche, giornalista, ricercatore sociale, cura l’ideazione e l’organizzazione di progetti culturali, eventi, mostre, festival, programmi di valorizzazione. Per istituzioni pubbliche e private, musei, imprese, fondazioni realizza e promuove strategie di comunicazione sociale e culturale legate al paesaggio, all’architettura, all’arte contemporanea e al design, alla fotografia, al made in Italy. È direttore della rivista Mappe, e dal 2011 è ideatore e curatore di Demanio Marittimo.Km-278.